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venerdì 4 aprile 2014

L'indipendentista Veneto Rocchetta: 'Non sono terrorista. Ecco la mia storia.

LA LETTERA

L'indipendentista veneto Rocchetta:
'Non sono terrorista. Ecco la mia storia:
Vengo dal Pc e Lotta Continua'

In una lettera inedita mandata a "L'Espresso", il leader della Liga Veneta ed ex deputato finito in manette  si racconta. E spiega: «Mai stato in Ordine Nuovo, sono antimilitarista»

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L'indipendentista veneto Rocchetta: 
'Non sono terrorista. Ecco la mia storia: 
Vengo dal Pc e Lotta Continua'
Tra le 24 persone finite in carcere e accusate dal Ros e dai pm di Brescia di «terrorismo ed eversione», Franco Rocchetta è di certo il nome che colpisce di più. Fondatore della Liga Veneta, ex sottosegretario agli esteri nei primi anni '90, è un politico conosciutissimo in Veneto per le sue idee secessionistiche e irredentiste.

«Un patriota», l'ha subito definito Mario Borghezio. Per la procura, invece, farebbe parte de "L'Alleanza", un gruppo che avrebbe progettato «varie iniziative, anche violente, finalizzate a sollecitare l'indipendenza del Veneto e di altre parti del territorio nazionale dallo Stato italiano». Tra le iniziative documentate dall'inchiesta dei carabinieri, persino «la costruzione di un carro armato, sottoposto a sequestro, da utilizzare per compiere un'azione eclatante a Venezia in piazza San Marco».

Chi scrive ha avuto numerosi contatti con Rocchetta negli ultimi mesi: l'ex ideologo dei lumbard, considerato dalla base un mito alla stregua di Gianfranco Miglio, s'era offeso perché in un inchiesta lo avevo definito vicino all'estrema destra. Ecco come si raccontava in una lunga lettera che ha spedito al giornale qualche settimana fa.

«Gentile Fittipaldi, ho sempre manifestato e posto in atto idee e comportamenti ispirati al dialogo ed al bene comune, antimilitaristi e democratici, non sono mai stato né nazionalista né estremista. Fin da ragazzino, sempre curioso, e desideroso di informarmi su tutto attraverso ogni persona ed ogni canale, ho espresso simpatia ed ammirazione per i sistemi federali; la mia opposizione ai miti fascisti ed al mito della Grande Guerra (come di ogni altra guerra) mi ha provocato problemi con i professori già al tempo delle Scuole Medie. Problemi poi aumentati quando ho iniziato a tradurre quelle posizioni in scritte murali».

Rocchetta non crede nell'unità nazionale nemmeno da adolescente. «A diciassette anni, nel 1964, sono indagato perché i Carabinieri hanno intercettato alcune mie lettere di solidarietà inviate ai familiari di attivisti sudtirolesi per la libertà. Nell’Inverno 1969-1970 ho organizzato a Venezia e nel Veneto una serie di manifestazioni ed eventi clamorosi contro la svendita coloniale del territorio e della salute degli operai e della popolazione, eventi accompagnati dalla diffusione capillare, lungo distanze enormi, di scritte murali e di manifesti a stampa che denunciavano l’attiva complicità dell’intero gruppo dirigente veneto della DC in tali crimini : in conseguenza di tutto ciò è stato avviato un processo-monstre, determinato da querele e controquerele, denunce e controdenunce, il "processo Rocchetta"».

L'ex sottosegretario nega, più volte, qualsiasi vicinanza all'estrema destra, accuse che gli vengono rivolte in varie biografie. «Le uniche forze politiche alle quali nel corso della mia intera vita sono stato iscritto» chiosa «sono il PRI veneto, il PCI (per il quale per anni ed anni ho stilato a mano dazebao lunghissimi in veneto ed in altre lingue, ancora oggi ricordati) e Lotta Continua. Ho lasciato il PCI quando i suoi maggiori esponenti veneti hanno iniziato a sostenere che "è un grave errore parlare di popoli spagnoli, giacché", dicevano, "esiste un unico popolo spagnolo" : le stesse parole, gli stessi concetti, la stessa posizione del franchismo...Ho collaborato con Lotta Continua anche in Portogallo, negli anni della Rivoluzione incruenta, svolgendovi servizio sanitario volontario. Sono diventato amico di parecchi degli artefici di quella così pacifica rivoluzione».

Rocchetta partecipa alla nascita delle prime «radio libere» del Veneto, ed da vita alla Łiga Veneta negli anni '80: «L’ho fatta crescere e la ho difesa da ogni attacco, golpe, infiltrazioni e guerre. Sono anche Cofondatore della Lega Nord nel 1989, e ne sono stato eletto Presidente federale nel 1991 e nel 1994, battendo democraticamente in entrambi i congressi i candidati sostenuti da Umberto Bossi anche con vari ricatti rivolti ai congressisti. Non condividendo l’escalation antidemocratica della Segreteria, né l’accettazione dei fiumi di denaro che la sommergevano, nell’Estate del 1994 ho lasciato la Lega di mia iniziativa».

Rocchetta in alcuni ritratti sui giornali è stato considerato vicino anche al movimento fascista Ordine Nuovo, qualcuno lo definì anche affiliato ad Avanguardia nazionale. Questo perché il leader della Liga nel 1968 partecipò a un viaggio con vari leader post-fascisti nella Grecia dei Colonnelli.

Lui spiega così la sua partecipazione: «Al viaggio degli studenti greci cui mi aggrego perché estremamente a buon mercato (studenti non ostili al regime, e quindi liberi di andare e venire) è collegata una combriccola di studenti di destra italiani che più eterogenea non sarebbe potuta essere : chi vagheggiava Dante citandone le terzine a memoria, chi questo o quel calciatore, chi il Papa, chi gli Imperatori, chi i mistici europei od indiani; venivano dalla Calabria, da Roma, dal Veneto, molti di essi senza nemmeno il denaro per mangiare e per spostarsi, e si salvarono grazie a più collette.

Una volta in Grecia, qualcuno può aver incontrato dei referenti politici, il grosso si disperse nelle locande e nei postriboli, io ne approfittai per visitare i luoghi sognati al ginnasio e al liceo. Una gita sgarruppata, dove ognuno si mosse a suo piacimento. I nomi di un paio dei partecipanti rimbalzeranno negli anni a venire collegati a cronache tristi od anche tragiche».

L'accusa di essere state un ordinovista ha creato a Rocchetta, racconta lui, un bel po' di magagne: «Quando avevo già lasciato la Lega (che con me mai era stata di destra) e la politica da vari anni, nel 1997, sono stato aggredito e colpito alla testa con spranghe e pietre da ragazzotti esaltati anche dalle parole di un professore, Angelo Ventura (uno storico dell’Università di Padova), il quale (così come già un altro storico, Giuseppe Galasso) mi aveva pochi giorni prima definito anche alla radio «ordinovista» solo perché lo aveva «letto da qualche parte», come poi mi disse con candore sconcertante, senza cioè preoccuparsi minimamente di effettuare una qualche verifica storica. Eppure, nel giro di poche settimane, come frutto rasserenante di quell’aggressione tanto crudele quanto idiota, mi si sono avvicinati comportandosi da allora da amici Luca Casarini e Beppe Caccia».

Sarà proprio con Casarini che nel 1999 Rocchetta va a Belgrado per una sorta di missione diplomatica. «Ho così organizzato una colonna di auto che ha raggiunto Belgrado e la Serbia meridionale tra le bombe ed i missili, le macerie, le devastazioni, le perdite in vite umane e gli incendi (e da lì ho proposto a Michele Santoro la nota trasmissione televisiva da un ponte sul Danubio presidiato da scudi umani volontari) : bene, a quella missione di pace e di dialogo hanno partecipato, assieme a diplomatici e giornalisti, proprio Beppe Caccia e Luca Casarini, con don Vitaliano della Sala e Gianfranco Bettin».

Di recente, Rocchetta stava tentando di ridare slancio al movimentismo indipendentista del Veneto. Con metodi, sostiene la procura, poco ortodossi. Per lui, oggi, si sono aperte le porte del carcere.

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