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martedì 9 agosto 2011

Degenze improprie e degenze illegittime

Degenze improprie e degenze illegittime




Il ruolo di monopolio attribuito agli ospedali nel campo della medicina specialistica, costitui­sce il principale fattore di destabilizzazione dell'assistenza sanitaria, in quanto produce il fe­nomeno delle degenze improprie o quello della omissione di assistenza (illecite dimissioni o non accettazione in ospedale di determinate catego­rie di ammalati).

Nel linguaggio comune si intendono per de­genze improprie, tutti quei ricoveri ospedalieri che richiedono prestazioni teoricamente pratica­bili anche a domicilio o ambulatoriamente (accer­tamenti diagnostici, prestazioni riabilitative, as­sistenza generica ed infermieristica, cure mini­me ecc.). Indipendentemente però dal fatto che si concordi o meno con questa valutazione, le degenze improprie potranno dar luogo a dimis­sioni o non accettazioni solo qualora divengano illegittime, cioè nel caso in cui il Servizio sani­tario nazionale sia in grado di assicurare presta­zioni alternative quantitativamente e qualitativa­mente adeguate, o comunque qualora ciò sia esplicitamente previsto da precise disposizioni di legge che non contrastino col principio costi­tuzionale che assicura a tutti i cittadini eguali diritti alla salute.

Per smitizzare il luogo comune che vuole gli ammalati cronici non autosufficienti tra i princi­pali responsabili del dissesto finanziario della sanità, riporto le conclusioni cui sono pervenuti due ricercatori in un'indagine sulle degenze im­proprie (17).


Su 408 ricoveri presi in esame (186 in una di­visione medica e 222 in una chirurgica), il 79,65% può considerarsi costituito da ricoveri appro­priati, il 18,13% da ricoveri impropri ed il 2,2% di dubbia necessità. Su un totale di 74 degenze improprie n. 24 (32,4%) sono state motivate da accertamenti eseguibili anche ambulatoriamente, n. 22 (29,7%) da terapie eseguibili a domicilio, n. 9 (12,1%) da patologie di tipo psichico se­guibili anche ambulatoriamente, n. 7 (9,5%) da patologie non di competenza del reparto consi­derato, n. 1 (1,4%) per evitare tempi di attesa per indagini strumentali, n. 3 (4,1%) per altri motivi, e solo 8 (10,8%) per i cosiddetti motivi assistenziali. L'indagine prende poi in conside­razione le ritardate dimissioni dovute a cause non mediche. I motivi che hanno causato prolun­gamenti delle degenze per 25 ricoverati della di­visione medica sono così sintetizzabili: 7 casi per motivi organizzativi del reparto, 6 assisten­ziali, 5 perché il paziente non si sentiva guarito, 2 per ritardo nella consulenza specialistica, ed un caso per ognuno dei seguenti motivi: trasferi­mento in casa di riposo, ritardo nell'esecuzione di indagini strumentali, attesa posto letto in altra ULSS, trattamento fisioterapico, patologia iatro­gena.

Su questo argomento si potrebbe scrivere all'infinito, non ci sarebbe che l'imbarazzo della scelta. Pazienti letteralmente dimenticati in cor­sia, altri che si vedono ripetutamente rinviato l'intervento operatorio, altri in lista d'attesa per accertamenti diagnostici quali il TAC, ecc. Ma quel che è più scandaloso sono i casi di rico­veri, sollecitati prima, e prolungati a dismisura dai sanitari poi, per giustificare la sopravviven­za di reparti e divisioni superflue; all'ospedale di Malo (Vicenza), costi di degenza giornaliera due milioni, quindici giorni di ricovero per un callo, diciotto per una ciste. Senza poi contare l'abuso di accertamenti diagnostici (decine di elettrocardiogrammi allo stesso paziente), non­ché un elenco di quelle che sembrano vere e proprie torture: 93 applicazioni di crioterapia su un solo paziente, 85 iniezioni sclerosanti su di un altro. Il risultato, oltre ai rischi per i pa­zienti, è che tutto ciò ha costi sociali eleva­tissimi (18).



Chiaramente questo è un caso limite; si pos­sono però citare situazioni altrettanto gravi che rientrano nella norma. All'ospedale geriatrico G.B. Giustinian di Venezia funzionavano un repar­to ginecologico ed uno di otorinolaringoiatria, a dir poco grotteschi. Il primo accoglieva non più di due o tre ricoverate contemporaneamente e di­cono che, quando giungevano in visita ufficiale amministratori e politici, si faceva prestare pa­zienti da altri reparti. Il secondo teneva rico­verati pazienti affetti da labirintosi (ai quali ve­niva somministrata solo qualche pastiglietta e forse qualche iniezione al giorno) anche per 60 giorni. Nello stesso ospedale si lesina sulla du­rata delle degenze dei cronici. Ora il primo re­parto è stato chiuso ed il secondo è in procinto di esserlo, solo perché si è trovata una colloca­zione più prestigiosa per i due primari che prima vi si erano opposti con tutti i mezzi.

da

 
DEGENZE IMPROPRIE IN CASE DI RIPOSO E DIRITTI DEGLI ANZIANI CRONICI NON AUTOSUFFICIENTI

GIACOMO BRUGNONE



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