Asparetto.
Per Angelo Morini, come l'Alpino Lanza Giuseppe di Asparetto milite ignoto, il il giorno della memoria è una data doppiamente storica, visto che durante la guerra che portò alla sconfitta nazifascista ed alla nascita della Repubblica Morini rischiò la vita spesso: a Cefalonia, dove scampò all’eccidio fatto dai tedeschi; in un campo di concentramento; in una fabbrica della Germania. Oggi il reduce della divisione «Acqui» soffre d’insonnia ed è come morire ogni volta. Racconta
Asparetto.
I due amici veronesi si divisero allorquando il fante Angelo fu portato in una tenda d'infermeria perché colto da febbre malarica: lì finalmente portò alla bocca un po' di cibo dopo tanto tempo. Seguirono dodici giorni in una tradotta verso un campo di concentramento della Germania, di cui non ricorda il nome, attraversando parte dell'Est Europa. Nel lager si lavorava e si mangiava un po' di pane di segale e scorze di patate trovate nell'immondizia. «Siamo nell'ottobre 1943- prosegue Morini-. Gli ufficiali vennero uccisi, mentre ai soldati si fece scegliere se arruolarsi in guerra accanto ai tedeschi oppure se consumarsi nei lavori forzati del campo». Morini preferì il lavoro e finì in fonderia, dove si costruivano ruote di carro armato. Dopo sei mesi arrivò ad un peso di 34 chili e cominciò a muoversi strisciando, incapace di reggersi. Due lettere divisero quelli da mandare allo sterminio e gli altri ai lavori in campagna. Pur scheletro vivente, ancora una volta Morini fu risparmiato e inviato ad una famiglia della Baviera. Abitava nel paese di Cornau, sotto la città di Osnabruck. Prima di lavorare, il soldato dovette essere rifocillato e curato, dato il suo fisico fortemente debilitato.
«Il vecchio della casa inizialmente vedeva la mia debolezza e quasi non credeva nel mio recupero, ma insistetti nella promessa che, una volta ripreso, avrei lavorato tanto per essergli grato. Così accettò. Dopo un anno e mezzo da fedele lavoratore, non voleva più lasciarmi andare». Il suo nome all'incirca era Wilhelm Logoman, ma oggi Morini giura che non vuol più saperne di quella Germania che gli ha fatto passare lunghi terribili incubi. Un ultimo episodio fece rischiare la morte al prigioniero italiano. Nell'ispezione delle bestie in campagna con la padrona, i due incapparono in una coppia di soldati tedeschi inferociti. Uno schiacciò il mitra nella pancia di Morini, ma la donna scoppiò in pianto, straziata, e il tedesco evitò di sparare: gli sferrò solo un forte colpo col calcio del mitra. Da quel fatto, si rinchiuse in casa terrorizzato per due settimane. Infine, l'avanzata americana verso Berlino seminò molti morti tra i soldati tedeschi. I guardiani dei prigionieri nelle campagne si misero in fuga. La zona fu liberata e Angelo Morini nel settembre 1945 tornò in Italia, in treno fino a Peschiera ed in pulmino fino ad Asparetto di Verona. Oggi mostra il diploma del valore della divisione «Acqui», con il sorriso del reduce le cui preghiere per rimanere in vita sono state ascoltate. In paese ha ritrovato l'amico Antonio De Guidi, oggi novantenne. Morini non piange, ma quei ricordi sono vivi tanto che l'angoscia ancor oggi lo fa difficilmente addormentare di notte.
Stefano Vicentini
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BREVE COMMENTO:
Una frase, soprattutto, colpisce, del racconto di Morini: essa suona come conferma dell'esistenza dell'ordine di cedere le armi -ricevuto dal gen. Gandin- e, conseguentemente, come condanna dei folli e velleitari "ufficiali rivoltosi" che, furbescamente basandosi sulla superiorità numerica della Acqui, impedirono che il predetto potesse ottemperare a tale ordine, concorrendo, di conseguenza, a provocare il massacro.
Le parole di Morini, non lasciano dubbi in proposito:
"Dopo l’8 settembre, mentre l'ordine fu di cedere le armi ai tedeschi, vari capi militari italiani scelsero lo scontro sapendo del vantaggio di essere più numerosi sull' isola. Ma non avevano calcolato che le armi favorivano i nemici e che, dice Morini, «bastò un solo caccia tedesco per fare una strage»".
GRAZIE SIGNOR MORINI: VALGONO MILLE VOLTE DI PIU' LE SUE PAROLE DI TANTE RIEVOCAZIONI DEI "PATACCARI" CHE IMPERVERSANO SULLA TRAGEDIA DI CEFALONIA !
MASSIMO FILIPPINI
EL COMUNE DE CEREA PAR CONSERVAR LA MEMORIA DE GENTE CH'E' MORTA PAR LA PATRIA EL VOL DUMILA EURO.....
RispondiEliminaSE NO I TIRA VIA TUTO.
SE CIAMA PULIZIA ETNICA CONTRO I VENETI
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