da la nuova Venezia
di Renzo Mazzaro
VENEZIA
Viaggia più forte del vento gelido che tira da nord-est la sberla che arriva da sud e centra il faccione infreddolito del Veneto, che già pensa al fine settimana. E’ un manrovescio del governo tecnico: lo statuto della Regione approvato dopo dieci anni di fatiche non va bene nè punto nè poco all’alta burocrazia romana che lo impugna davanti alla Corte Costituzionale. La notizia piomba sui palazzi regionali di primo pomeriggio, riferita a voce. Mancano riscontri scritti, siamo ancora alla ricostruzione orale ma l’impressione è enorme. Qualcosa che assomiglia al naufragio della Costa Crociere. Nessuno se l’aspettava. I rilievi vengono dalla presidenza del consiglio dei ministri che contesta l’autonomia finanziaria. E’ un punto chiave dello statuto. Per la verità hanno eccepito anche sulla legge elettorale, sul numero dei consiglieri, sulla specificità di Belluno, questioni date per minori, sulle quali la diversità di vedute era nota e il contrasto atteso, sulla base delle verifiche corse in questi giorni tra Venezia e Roma. Una storia nella storia: il governo Monti chiedeva chiarimenti alla giunta Zaia, perché l’esecutivo parla solo con l’esecutivo; la giunta Zaia si documentava con il Consiglio regionale, dove Carlo Alberto Tesserin presidente della commissione statuto passava i pomeriggi al telefono, per poi rilanciare le risposte a Roma. Mai che da Roma abbiano parlato di autonomia finanziaria. Questo fa scattare l’increduilità. Tesserin pensa all’imboscata politica. Non è l’unico a rifiutare il ruolo di un capitano Schettino alla veneta: anche il presidente del consiglio regionale Valdo Ruffato fa balenare l’ipotesi di un «possibile dispetto», nato come ritorsione al Veneto governato dalla Lega che fa opposizone al governo Monti. Direte che l’ipotesi è tirata, certo addolora il povero Luca Zaia che se ne lamenta pubblicamente. Diamo subito lo stop a questa deriva veneta piagnucolona, perché bisogna stare ai fatti. A decidere per il ricorso in Corte Costituzionale risulta sia stato determinante il parere di Vittorio Grilli, ministro per l’economia e le finanze, già direttore generale del Tesoro con Giulio Tremonti ministro. Tutto, meno che un ignorante in materia. D’altra parte in un governo dei professori nessuno è fesso per definizione, come a Napoli.
Autonomia finanziaria. Non piace ai professori l’articolo 30, comma 4, del nuovo statuto, che dà alla Regione, d’intesa con il consiglio delle autonomie, la «facoltà di adattare i vincoli della legislazione statale in materia di ordinamento della finanza pubblica alle specifiche esigenze del Veneto». Sostengono che è in totale violazione dell’articolo 119, comma 2 della Costituzione, il quale prevede che «i Comuni, le Province, le Città Metropolitane e le Regioni stabiliscono e applicano tributi ed entrate proprie in armonia con la Costituzione e secondo i princìpi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario». Come dire: giovanotti, state precostituendo la possibilità di eludere l’obbligo. Non va bene.
La replica. Ma quale elusione, dicono dal Veneto: abbiamo semplicemente ripreso le possibilità date dall’articolo 17, comma 1, lettera c, della legge sul federalismo fiscale 42/2009: «Le regioni possono adattare, previa concertazione con gli enti locali, le regole e i vincoli posti dal legislatore nazionale, differenziando le regole di evoluzione dei flussi finanziari dei singoli enti in relazione alle diversità delle situazioni finanziarie esistenti».
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